365strangers | Agosto 2015

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365strangers | Agosto 2015 1

Lui è Giorgio. Lo noto mentre si trascina verso una panchina. Ci frana sopra, tutto il peso del suo corpo e qualcosa di più finiscono su quella panchina. Hai notato il mio sguardo rilassato e triste? Non mi ero accorto della tristezza, mi sembravi stanco. Aveva appena perso il pullman per Lione. Ma lo prendo come un segno del destino. A quest’ora sarei dovuto essere sul bus in viaggio per Lione. Averlo perso mi ha permesso di incontrare due amiche che non ero riuscito a salutare e te, questo folle e positivo incontro. Vado là per studiare storia. Scherziamo come due amici e per un attimo una sfumatura di tristezza confonde l’eccitazione per la nuova avventura. Mi mancherà Torino, mi mancheranno i miei amici. Ci incontriamo nella magica e surreale via Roma, da poco trasformata in via pedonale. Le panchine qui incrociano vecchie linee stradali creando geometriche e inafferrabili texture. Se ci cammini, l’impressione è che sia una via delicatamente messa alla prova: non è stata stravolta, solo un po’ cambiata. Ci sono ancora i segni di ciò che era, ma c’è del nuovo. Una sperimentazione di nuove possibilità, senza rinunciare alla possibilità di ritornare indietro e trovare tutto com’era, ma con una esperienza vissuta in più. Somiglia a partire un anno per Lione, per l’India. E per qualsiasi altra città. 

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365strangers | Agosto 2015 2

Lei è Giulia. La noto in coda di fronte ai cancelli d’ingresso del festival musicale Todays. Stasera suonano gli Interpol, cerco qualcuno che possa rappresentarli. Lei e il ragazzo con cui si trova sembrano perfetti. Mi colpisce il suo stile, la sua pelle chiara e il fatto che in qualche modo il suo sguardo mi risulti inafferrabile: ha un leggero strabismo, leggero quanto basta da renderlo sfuggente e magnetico: ti guarda, ma non ne sei mai davvero sicuro. …fino a poco fa lavoravo in un bar, ora non più. Al di là dello sguardo rimango colpito e divertito dalla sua ironia intelligente e travolgente, l’impressione è che abbia imparato ad usarla in maniera pulita ed efficace. La sua pelle è cosparsa di tatuaggi colorati, così tanti che ha smesso di contarli. Ne ha uno sul braccio che mi incuriosisce: è una mela morsicata con scritto melanconica. L’ho fatto perché è una splendida parola, la più bella parola italiana. Mi piace il suo suono. Ma la sensazione è che ci sia qualcosa di più. Glielo dico e mi dice di sì. E mi trovo a pensare a quante volte l’ironia con cui incontriamo il mondo è spesso un’allegra modalità che ci permette di lasciare sullo sfondo qualcos’altro…forse proprio un po’ di melanconia.

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365strangers | Agosto 2015 3

Lei è Paula. La noto da lontano, mi colpisce tra la folla di persone che passeggiano fra le bancarelle della festa del paese. Accetta subito. Mi colpisce e tocca il modo con cui il compagno le si rivolge: le dà piccoli suggerimenti, non legati alla lingua, che sa benissimo. Fa qualcosa di diverso: la invita a raccontare qualcosa di sé, con il sorriso sulle labbra, e con gli occhi pieni d’amore. Come se dicesse: dai, fatti coraggio. È Brasiliana, vive in Italia da Novembre. E così, recuperato il coraggio, scopro che ama la fotografia e che spera di trasformare questa passione in un lavoro. Amo fotografare paesaggi e matrimoni. Le chiedo se anche lei senta la saudade tipica del suo popolo e mi risponde con un sorriso che non sono sicuro se la nasconde o la mostra che sì, mi manca soprattutto el calos dea gente. Queste parole ascoltate e ripetute sembrano sciogliersi in bocca. Calos dea gente. Rimane un piacevole e malinconico sapore, un ritmo bello e triste. Mi piace pensare che sia questa un po’ di saudade.

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365strangers | Agosto 2015 4

Lui è Antonino. Mi colpisce il magnetismo vitreo del suo viso. Vive tra Torino e Milano, dove lavora come progettista di abiti evergreen. Non mi piace essere definito stilista. Ha appena vinto un concorso, ad ottobre i suoi abiti sfileranno fuori dall’Italia. Sono un tipo timido, preferisco stare dietro le quinte e far sì che sia il mio lavoro a rappresentarmi. Con lui sento un clima di confidenza, in pochi minuti ci incontriamo rivelando l’uno all’altro alcune parti piuttosto private. Quando gli chiedo di raccontarmi il primo ricordo legato a questa sensibilità artistica interrompe il cammino, mi guarda e mi dice che da bambino disegnavo con il pennarello figure umane. Poi le vestivo con le carte delle caramelle…chi era intorno a me tendeva ad ignorare questo mio aspetto, trattandomi come un bambino normale. È così che mi sono trovato solo. Ma quella solitudine mi ha salvato; ancora oggi a volte la ricerco. Alcune cose vanno dette mentre tutto il resto è immobile. Provo molta tenerezza per quel bambino, che a tratti si nota ancora nell’entusiasmo con cui si racconta. E mi ritrovo ad osservarci per un istante da fuori: siamo lì, sconosciuti fra sconosciuti che scoprono di essere molto più simili di quanto sembri. E mi lascia con una frase che per me è un’enorme verità: le cose che funzionano nascono sempre da grandi sofferenze

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Lei è Bernadette. Avevo in mente di andare a Savona ma cambio idea, ho la sensazione di potercela fare ancora qui. E noto lei mentre passeggia con altre due persone. Mi avvicino e capisco subito che non sono della zona, mi sento ascoltato e accolto in un attimo, non c’è sospetto o diffidenza. Poi scopro che vivono a Londra, che lei per anni ha preparato studenti per sostenere il test di ammissione a Cambridge, che scrive poesie e che sta lavorando al suo primo libro. Me lo dice ed esplode di gioia. Mentre scrivo ricordo quel momento, e non posso fare a meno di sorridere. Emana un’atmosfera di pace e serenità, anche se mi dice di essere una persona cauta. È stata una bella sorpresa. Pensavamo ad una solita e ordinaria giornata. E poi spunti tu dal nulla. From nowhere, come ha detto lei. Tra una correzione e l’altra di piccole espressioni inglesi, chiacchieriamo di Marina Abrahmović, di Kurt Cobain, della maledizione dei 27 e della strana evoluzione che sta incontrando l’arte. E della cautela, di quanto le polarità di questa esperienza possano essere inefficaci, in un senso e nell’altro. Una volta ho frequentato un corso per diventare counsellor. Poi mi capitava di empatizzare troppo con le tematiche portate in gruppo, e non ce l’ho fatta. Forse non ero pronta. Mi aspettavo un incontro ordinario e poi trovo Londra tra i carruggi di Calizzano.

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365strangers | Agosto 2015 6

Lei è Lorena. La noto a fine giornata, mentre arrotola decine di metri di uno strumento simile a un aspirapolvere dal distributore di benzina presso cui lavora. Mi colpisce il suo sguardo duro, sembra molto seria e concentrata. Forse un po’ arrabbiata. E poi…e poi da quando mi avvicino per raccontarle il progetto a quando me ne vado ride. Ride mentre la fotografo. Ride mentre passa il suo ex, gestore del distributore di benzina. Ride mentre mi racconta che, anche se credevo di sì, non è una mamma. Questo non è il mio unico lavoro, sono impiegata presso una ditta di pulizie. L’espressione che ti ha colpito in realtà era stanchezza. Ma non solo, quando sono stanca rido. E dico un sacco di cavolate. Non posso fare a meno di dirle quanto dev’essere divertente per chi le sta vicino. 

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365strangers | Agosto 2015 7

Lui è Manuel. Di nuovo Imperia, di nuovo fuori sede. Dovrei iniziare a raccogliere le connessioni tra gli incontri. A volte città, a volte visi. Altre volte storie. Lui lo incrocio in via San Lorenzo a Genova, passeggia con la compagna di fronte alla maestosa e segmentata cattedrale. Mi colpiscono i suoi piccoli occhi verdi e vicini. Studia architettura e come dice lui con tanta soddisfazione, in una quarantina di giorni dovrebbe laurearsi. Mi racconta di trovarsi a Genova in cerca di una casa da affittare: sai, ho trovato un mezzo lavoro e sto pensando di trasferirmi qui. E questo mi riporta ai miei traslochi ai tempi dell’Università: 6 alloggi in 7 anni.  Ogni appartamento nuovo sembrava essere più ostile del precedente. Poi mi accorgevo che in realtà andava bene così: il nuovo rimane ostile e strano finché non ti permetti di sentirlo tuo. E ti accorgi di volergli bene in breve tempo. Anche qui in Liguria siamo egocentrici. Solo che lo sappiamo nascondere bene.

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365strangers | Agosto 2015 8

Lui è Makan. Da diverso tempo un gruppo di profughi ospitati nella struttura del paese trascorre le giornate seduti sotto un nocciolo dalle foglie bordeaux. Oggi noto lui. Ha le cuffie, come gli altri, ma mentre mi avvicino nasconde il proprio volto sotto il cappuccio della felpa. Ridendo timidamente ed evitando di guardarmi mi dice no, oggi ho le ciabatte. Gli spiego che non importa, che per il genere di foto che faccio io, avere le ciabatte o le scarpe di Prada non fa alcuna differenza. Parla solo francese e accetta, il suo sì mi arriva grazie a un suo amico che sta imparando l’italiano. Viene dal Mali, dove lavorava come commerciante in ambito ortofrutticolo. Sono lì, pronto per fotografarlo, quando si volta verso l’amico…iniziano a discutere e inizio a pensare che magari sta cambiando idea. Si sta facendo buio e in lontananza si sente un temporale. E mentre mi trovo bloccato fuori da quella discussione il suo amico gli si avvicina, gli apre leggermente la cerniera della felpa, gli sposta le cuffie e gli fa cenno che ok, così può andare. Voleva solo essere più pronto per la foto. Ci incontriamo così, nel freddo anticipo di una giornata autunnale che presto arriverà. Per me è ancora tempo di t-shirt, lui in più ha la felpa. E trema di freddo.

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Lei è Daniela. Mi colpisce il caschetto nero, la frangia scura che le copre gran parte del viso. Quasi non volesse esporlo del tutto, o avesse deciso di mostrare solo l’essenziale. È con la sua bimba, che ha due enormi e allegri occhi verdi. Lavora come tecnica di radiologia in ospedale, oggi è il giorno libero e lo passa qui per festeggiare il compleanno di un’amica. A volte arrivano persone arrabbiate e scontrose, lì proprio non riesco a empatizzare. Altre volte invece sono calorosa e mi piace metterli a proprio agio. Dopo alcuni minuti mi accorgo di fare molte domande ottenendo risposte particolari, risposte che mostrano l’essenziale. Sono domande che non accendono altre domande. Come un po’ di tempo fa. E così mi sguscia via, iniziandomi a raccontare di un’amica e collega…mi parla di lei…quasi non volesse esporsi troppo. O forse aveva solo fretta e voglia di tornare a spingere la propria bimba sull’altalena.

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365strangers | Agosto 2015 10

Lui è Andrea. Mi colpisce lo sguardo cupo e penetrante, sembra arrivare da lontano diretto verso qualche città. Mi ricorda un mio formatore. Noto uno zaino verde sulle spalle, lo immagino artista di strada, oppure pescatore di ritorno dal mare. Glielo dico e mi risponde divertito che lì dentro ci sono i teli da mare e il pallone di sua figlia. Vive a Modena e lavora come informatico e web designer: sono un blogger di vecchia data. Alcuni anni fa insieme ad amici abbiamo aperto il blog who killed bambi: una raccolta di progetti che indagano la morte, il sangue e gli scheletri. La cosa curiosa è che questo blog lo conoscevo. Non nutro un amore particolare per la morte, il sangue o gli scheletri, ma apprezzo i progetti artistici provocatori…e sì, mi interessa il modo in cui queste tematiche vengono percepite e rappresentate dalle menti creative contemporanee. A distanza di giorni, rimane ben definita in me la sensazione di aver incontrato un uomo preparato con molti interessi e attitudini, in grado di ottenere eccellenti risultati nei progetti in cui investe. Vienimi a trovare, Modena ha un sacco di cose interessanti.

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365strangers | Agosto 2015 11

Lei è Laura. Nella vita fa la fisioterapista e si è sposata qualche mese fa. Mi colpiscono le sue lentiggini, sta passeggiando con la figlia, il marito e alcuni amici sotto i Platani e mi sembra perfetta per quel momento. Scopro che in giro si parla molto del suo abito da sposa, e decido di farmi raccontare qualcosa di più rispetto a quel giorno. …Avevo una corona di fiori in testa fatta di gipsofila, ortensie e edere…poi un bouquet, sempre di Ortensie, e un vestito semplice semplice, bianco e fresco. La sua bimba è piuttosto grande, intuisco che dev’essere stata presente al matrimonio. Le chiedo di nuovo di quel giorno e lei sorridendo mi dice di non aver termini di paragone, ma di aver vissuto tutto amplificato: tutto più. La sensazione con lei è che quella freschezza e semplicità che l’hanno contraddistinta da Sposa siano due suoi aspetti peculiari che la accompagnano anche ora. Dall’inizio alla fine dell’incontro non ha smesso di guardarmi sorridendo.

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365strangers | Agosto 2015 12

Lei è Lina. La noto mentre si alza dal tavolo del ristorante. Ha appena finito di mangiare, sulla tovaglia ci sono gli avanzi di chi ha concluso il pasto da poco e lei lo riordina. Prende la bottiglia e lentamente la sposta verso il centro, poi accoppia i due tovaglioli stropicciati lasciati ai lati opposti del tavolo. Ogni cosa al suo posto, nel mezzo. Quel tovagliolo, lì in disparte, da solo dopo aver compiuto il proprio dovere proprio non le piaceva. Ha 92 anni, è brillante e piena di energia. Le spiego del progetto e prontamente mi risponde: che bello, oggi hai scelto me! Il mio nome è Lina, diminutivo di Carolina, ma pochi anni fa ho scoperto di avere anche un altro nome: Serafina. Come l’Arcangelo. Sono nata in un paese qui vicino, ma a 11 mesi mio papà è morto. Mia mamma non ce la faceva a crescerci tutti, così a due anni sono stata adottata. È stata la mia fortuna sai?  Me lo dice sorridendo con uno sguardo birichino che sembra aggiungere alle parole l’importanza di un pericolo scampato. Alcuni anni fa mi hanno portata nella casa di riposo. Ma non faceva per me e me ne sono andata. Se fossi rimasta lì oggi non sarei qui. Le credo. A volte ci torno in quella casa di riposo, ma per fare compagnia agli anziani che vivono lì.

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365strangers | Agosto 2015 13

Lei è Rossella. Nella vita fa la pittrice. È forte il magnetismo che sento verso di lei. Un anno fa ha cambiato vita, lavoro, fidanzato e taglio di capelli. Per come lo dice, non immaginiamo che da quest’ultimo dettaglio si svilupperà tutto l’incontro. Ma è presto ora. Ha anche fatto il primo tatuaggio. Mi colpisce soprattutto il discorso sui capelli, tanto che le rimando il significato psicologico ed espressivo del gesto, non esclusivamente femminile. E mi viene in mente l’autolesionismo di chi si taglia: espressione di una sofferenza più profonda. Stiamo andando verso il suo laboratorio. Una volta entrati, mi colpiscono due ali appese ai muri e un quadro: due preti su sfondo nero si stanno baciando. Non è un bacio rubato, sussurrato, ma un bacio pieno di passione, foga e potenza. Incontro spesso due tematiche nella vita: la morte e la religione. Non sono religiosa, mi sono sbattezzata. Da bambina quando ho scoperto che un giorno sarei morta sono scoppiata a piangere. Lo ricordo bene. Era un pianto fatto in solitudine. E ritorniamo a quel dettaglio, ai tagli. …Prima non te l’ho detto. In passato mi tagliavo. Questo tatuaggio copre le ferite. Ferite che sanno di rabbia. È una lanterna che illumina il bosco. Sta a indicare la luce fuori dal tunnel. Ne sono uscita, è da un po’ che non lo faccio. È brutto dirlo ma in quei momenti mi vivo. Non lo trovo brutto, lo trovo doloroso.A volte la sofferenza è così profonda e negata che l’unico modo per sedarla è provocarsi dolore.Me ne vado coinvolto e toccato dalla sua forza e dal suo sorriso luminoso che a volte lascia spazio a qualcosa di più cupo.Le chiedo il permesso di scriverne, assicurandole delicatezza. La sua risposta è tremendamente vera e altrettanto sincera. Scrivi come credi, i tagli non hanno nulla di delicato.

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365strangers | Agosto 2015 14

Lui è Marco. Sono stanco, ho la febbre e 1300 km sulle spalle. Così decido di rimanere in zona. Lo noto da distante, è al centro della piazza. Mi colpisce il suo modo di camminare, ha le gambe lunghe e magre, sembra trovare il proprio equilibrio sulle estremità esterne dei piedi. Sta finendo il liceo e ha una passione che sembra già un lavoro: film-maker. Lo invidio un po’, in passato mi sono avvicinato diverse volte a questa possibilità, ma l’ho sempre accantonata. Avevo la sua età quando mi regalarono la mia prima videocamera. Osservando la propria fotografia, si accorge del proprio viso malizioso, ma con lui sento solo genuinità e tanto entusiasmo. Frequenta la stessa scuola che frequentavo io e sua madre è stata una mia insegnate. Mi colpisce sentirla in alcune tonalità e nei ritmi del suo parlare. E in un attimo mi ritrovo là, in classe, in contatto con la costante e ansiosa nostalgia che provo quando ripenso a quella fase della mia vita. Nel mio futuro ci sono due possibilità: una strada mi porta a Bolzano a studiare per diventare Documentarista. E poi c’è l’alternativa più estrema: Londra.

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365strangers | Agosto 2015 15

Lui è Ionica. Anche lui è un camionista e anche lui è seduto nella cabina sorseggiare una birra, ma a differenza dello stranger di qualche giorno fa non parla inglese. Per niente. Passiamo subito ai gesti e con un sorriso mi fa capire che sì, per lui è ok essere fotografato. È rumeno, in viaggio verso casa. È partito dal Portogallo. Quando gli chiedo da quanti anni viva questa vita, cerca di dirmelo in inglese, ma non trova il numero giusto. Così a fatica si china sulle proprie gambe e con il tondo indice della mano destra traccia sulla calce bianca dell’asfalto un faticoso 18. Poteva mimarlo, mostrarmi prima un dito poi otto, dirmi one e poi eight, ma ha scelto quel modo. E a pensarci bene, rende maggiormente l’idea della fatica, della voglia di fermarsi un po’. 18 anni. Chissà quanti km. Non gliel’ho chiesto, credo avrebbe tracciato per troppi metri la linea bianca.

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365strangers | Agosto 2015 16

Lui è Holger. Oggi ci sono così tante persone che il terreno si solleva, formando nuvole di sabbia. Mi bruciano gli occhi, è l’ultimo giorno qui, mi guardo intorno pensando agli incontri passati…ehi, mi spingi fino alla spiaggia? La voce arriva da sinistra, mi volto e noto lui sulla sedia a rotelle, patatine e ketchup, decine di braccialetti al braccio. Accetto, e mentre mi racconta di essere tedesco, autistico e borderline, parole sue, decido di chiedergli di essere il mio stranger. Accetta anche lui. Io aiuto te, tu aiuti me. Così scopro che vive in un’isola dell’Oceano Atlantico oltre il Portogallo, che da Maggio sta partecipando a diversi festival musicali, partendo dalla Spagna passando per la Francia, l’Olanda, il Belgio e la Turchia. La settimana prossima non mancherà al secondo festival ungherese; tutti quei braccialetti sono i suoi pass che racconteranno la sua estate. E no, la sedia a rotelle non è definitiva. Si è strappato un muscolo e in un qualche modo, a me sconosciuto, è riuscito ad ottenerla. Me ne vado confuso e sbalordito. Come quando provi a comprendere qualcosa di inaspettato che ti finisce addosso. L’impressione è che abbia dovuto combattere qualche battaglia nella vita; la sabbia, la confusione e le difficoltà di comunicazione non mi hanno permesso di rimanere abbastanza per comprendere. 

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365strangers | Agosto 2015 17

Lei è Dahlia. La noto all’interno di una delle bancarelle che costeggiano la strada che porta verso la zona tibetana dove ieri ho incontrato Sebastian. Se avessi dovuto descrivere un volto che speravo di incontrare in questa trasferta, avrei descritto qualcosa di simile al suo. È egiziana, vive a Il Cairo. È la prima volta che incontro una ragazza egiziana. Ne sono immediatamente affascinato. C’è una ragazza con lei, spesso prende parola per parlarmi di lei. È così che scopro di aver incontrato una sognatrice. Ho un quaderno su cui scrivo i miei sogni. Ne ho tantissimi, ma alla fine non li porto a termine. Le dico che la cosa mi è familiare, che proprio ieri mi sono confrontato su questo con lo stranger che l’ha preceduta. E così prendo in prestito alcune parole di Sebastian. Quando le chiedo del suo ultimo sogno, mi racconta vorrei aprire un Food-track e portare la mia cucina per le strade de Il Cairo. Ho già in mente il design. A settembre inizierà l’avventura in un ristorante, per poi provare sul serio a realizzare questo suo sogno. Mentre me ne parla, sento l’energia che sostiene il sogno, ma anche la razionalità che sorregge il progetto: le credo, mi aspetto di sentirla fra qualche mese con ottime notizie. Al di là di questo, mi tocca e sorprende il modo con cui la sua amica si riferisce a lei nel descriverla: sembra prendersene cura, in una modalità che sa di protezione e ammirazione. Quasi fosse un prezioso fiore. Solo dopo mi accorgo della connessione: si chiama Dahlia, un’altra volta il destino nel nome.

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365strangers | Agosto 2015 18

Lui è Sebastian. Ha 21 anni, vive ad Amsterdam e dopo la scuola è partito: sono stato in Australia, Indonesia e Cina. L’ho fatto per dare un’occhiata fuori dalla scatola. In contatto con lui, mi sento osservato con curiosità e interesse, aveva appena finito una sessione di massaggi tibetani. Ha un tono di voce basso e accogliente, il suo inglese è perfettamente comprensibile. È con la sorella, che ha un nome splendido: Sephira. Lei è la calma, io sono il caos. Io sento il bisogno di avventura, lei dopo due settimane qui sente il bisogno di tornare a casa. Gli spiego che ho deciso di incontrare uno sconosciuto al giorno, e non due, proprio per migliorare le mie abilità nel decision making. E mi risponde sorridendo che per lui vale l’opposto. Di solito non penso troppo prima di scegliere, il rischio poi è proprio quello di non scegliere. Preferisco commettere un errore piuttosto che non scegliere, anche se mi rendo conto di iniziare molte cose lasciandone alcune in sospeso. Un po’ come un’ape, che vola di fiore in fiore. Ci salutiamo e torno dal mio gruppo: mi chiedono come sia andata. Rispondo e mi accorgo di aver assunto il suo stesso tono di voce.

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365strangers | Agosto 2015 19

Lei è Lisa. Cercavo un volto da fotografare tra gli alberi, in una delle zone boscose dell’isola. E incontro lei, che forse ci vive in quei boschi. I suoi colori, i suoi occhi…potrebbe essere la custode di qualche pozione magica, di qualche segreto del bosco: una strega moderna. Ha un lungo vestito verde smeraldo e anfibi neri. Poi scopro che in quei boschi non ci vive, ma è di Bari. Si trova allo Sziget per accompagnare il fidanzato fotografo. E che nel futuro, una volta definite alcune variabili, ci sarà Londra, oppure Vancouver. Lei è Lisa ma in realtà si chiama Isabella. Quando l’ha scoperto era già grande. Ed è stato uno shock.

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365strangers | Agosto 2015 20

Lei è Reka. Sono circondato da un’infinità di gente. Sziget: la chiamano l’isola della libertà e lei mi sembra nel mood giusto. La noto subito fuori dalla tenda mentre si veste. La incontro di nuovo e la scelgo di fronte a un palco che suona musica rap ungherese. Mi dice immediatamente di sì. E quel sì mi colpisce, un sì immediato, un sì non mediato. Lo voleva fare e l’ha fatto. Negli ultimi anni ho dovuto dire di no a molte cose. Forse a causa della rigida educazione ricevuta. Nell’ultimo anno sono più aperta, farò esperienza di tutto ciò che vorrò provare. Ora sento di vivere pienamente. Con lei, provo sicurezza e determinazione, ma non ostentazione. Poteva presentarsi raccontandomi dei suoi studi, del fatto che tra poco inizierà Ingegneria Logistica all’università, ma è questo che ha scelto di rivelarmi. È l’unica dall’inizio del progetto ad avermi scritto nella liberatoria Agosto per intero.del progetto ad avermi scritto nella liberatoria Agosto per intero.

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365strangers | Agosto 2015 21

Lui è Moshe. Sono di fronte alla sinagoga di Budapest. Fa caldo e decidiamo di riposarci un po’ sotto un albero. Nello stesso momento qualcuno intona quella che sembra essere una preghiera, o un canto religioso. Indossano tutti pantaloni neri, camicia bianca e la kippah e cantano insieme. In contatto con quel momento, la sensazione è che le voci diventino una. Nel gruppo noto lui, canticchia un po’ meno intensamente ma accompagna la melodia dondolandosi dolcemente a destra e a sinistra. Mi avvicino e accetta. Siamo di New York. Io sono un Travel Agent; loro sono il mio gruppo. Siamo in pellegrinaggio. A qualche mese di distanza, di nuovo New York. In qualche modo mi sembra meno lontana. E mentre mi perdo cercando nel suo volto i frammenti della strada in cui vive, del panorama e dei rumori che lo circondano, scopro che quel canto era una preghiera. Incita alla vita comunitaria, allo stare insieme per affrontare i momenti di crisi come questo. Sicuri che tempi migliori arriveranno. Mi allontano, portando via un senso di dondolante New York. Accanto alla Sinagoga c’è un maestoso albero d’acciaio. È l’albero della vita, un salice piangente in memoria delle vittime ungheresi dell’Olocausto. Quando soffia il vento e ti fermi ad ascoltare, ad ascoltarti, senti le foglie che si sfiorano producendo un suggestivo e intenso tintinnio. Sono le lacrime che fanno rumore.

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365strangers | Agosto 2015 22

Sto viaggiando da questa mattina, sono un po’ preoccupato perché questa sosta obbliga anche i miei compagni di viaggio a fermarsi, e se non ottengo un sì in autogrill devo fare tappa nella città più vicina. Tra decine di camion perfettamente in riga ce n’è uno che attira la mia attenzione. Mi avvicino chiedendo al conducente il permesso di parcheggiare. È lui che mi dà l’ok per parcheggiargli vicino. Mi sembra gentile e decido di osare con lui. È seduto sul sedile, sorseggia una birra, e mi guarda da lassù. Mi avvicino. Continua a bere la birra e mi osserva da lassù, con quello sguardo un po’  duro e un po’ sospettoso. Lì, in mezzo ai camion e al rumore dei motori, mi sento piuttosto piccolo. Ma accetta. Ha un orecchino a forma di croce, e quella che per me è la classica camicia a quadrettoni del camionista. Vive a Budapest, con il suo camion gira l’Europa da Est a Ovest. Viaggio sei mesi, ma un week end al mese torno a casa. Mia figlia è un medico, di sicuro sa usare il computer meglio di me, così po’ vedere cosa mi è capitato oggi. Me ne vado soddisfatto, pronto a riprendere il viaggio verso Budapest. 

9 | 221

365strangers | Agosto 2015 23

Lui Boy. È in vacanza qui. Arriva dall’Olanda, ma è thailandese. Full thai, come dice lui. Lo noto insieme ad una famiglia di olandesi, tutti altissimi e biondissimi. E poi c’è lui, con il cappellino all’insù e un giovanile stile hip-hop. Vengo coinvolto in un piacevole atteggiamento di apertura: siamo nati e cresciuti a migliaia di km di distanza, ma la sensazione è che siamo molto complici. Mi racconta di aver lasciato la Tailandia con la mamma quando aveva 10 anni. Ora ne ha 37, ma ne dimostra 25. Lo sa, e ne ride soddisfatto. Mi piacciono le persone aperte e positive. Ma non sono sempre stato così. C’è stato un prima, e un poi. Prima ero 87kg, viziato, sempre sul divano a giocare ai videogame. Ero chiuso, non mi piaceva la gente, non mi piaceva uscire per fare cose. Poi è arrivato il poi. E sono rinato. C’è soddisfazione in queste parole, ma anche qualcos’altro. Quasi come se mi stesse dicendo: Sono rinato, ma forse ho iniziato davvero a vivere pienamente. Ma eravamo al poi. Poi cosa è successo? Poi ho rotto una relazione che durava da tempo dopo aver scoperto via FB che la compagna mi tradiva. È in quel momento che ho deciso. E mentre me lo dice, il suo corpo racconta parte di quel dolore, come se ne conservasse la memoria. Il pugno sul petto chiuso e inarcato, le spalle protese in avanti. Oggi sono pieno di energia, ho uno stile di vita salutare, viaggio molto, incontro persone. Before I was closed. Now I am open. È così che descrive la differenza tra il suo prima e il suo poi. Prima di salutarci parliamo di cibo, di quanto adori il piccante e la ragazza olandese che ha conosciuto qualche mese fa.

8 | 220

365strangers | Agosto 2015 24

Lei è Lara. La noto mentre beve un estathé al limone all’ombra di un gazebo. Mi colpiscono il suo profilo e l’aria di libertà che la circonda. In parte credo che tu abbia ottenuto così tanti sì perché vai in qualche modo a toccare il narcisismo di chi incontri. Accetto, però ti avviso rimarrò di sicuro malissimo. Con il marito fa l’artigiana, costruisce giocattoli di legno sullo stile di quelli antichi. Le chiedo di mostrarmene uno, sceglie un picchio che fa su e giù su un’astina incastrata su una scatoletta di legno. Bisogna accompagnare il picchio verso la sommità dell’astina, la forza di gravità e l’attrito fanno il resto. Scende lentamente quel picchio, in un movimento ipnotico e rilassante. Ci gioco un po’, l’impressione è che la sua funzione sia anche quella di segnare il tempo. Di fermarlo forse. Nel frattempo scopro che vive a Ormea, ma è di Imperia. E che come il marito ha lasciato un lavoro per dedicarsi a questa avventura artigiana nel laboratorio di casa. E per stare il più possibile con la figlia, nata da poco. Si chiama Nina, è un portento. Ha preso le sfumature più esplosive della mia giocosità e della testardaggine di mio marito. Mentre me la descrive, ho la sensazione che Nina sia lì, non a 80 km di distanza.

7 | 219

365strangers | Agosto 2015 25

Lei è Cecilia. Se non puoi andare in città, la città ti porterà i suoi volti. Così dopo Milano, La Spezia, Genova, New Delhi e Savona, incontro lei, di Torino. La noto infilarsi in uno dei vicoli secondari del centro storico del paese mentre parlo con una ragazza che da poco ha conosciuto 365strangers. Interrompo di fretta la chiacchierata per raggiungerla. In quella via conosco tutti tranne lei. E tra poco tramonta il sole: per quello che mi è sembrato di vedere, potrebbe avere i colori perfetti. Accetta. È a Calizzano in vacanza, ci rimarrà fino a Settembre. Nel mezzo però ci infilo una settimana a Dublino. Guardando da vicino, mi rendo conto di aver avuto ragione poco prima. In quell’ora del giorno, con il sole che tramonta, i suoi colori si accendono in maniera ancora più intensa. Le lentiggini, gli occhi e i capelli sembrano prendere in prestito un po’ di quella caratteristica luce dorata. E in quell’atmosfera mi racconta di voler diventare neuropsichiatra infantile: mi piacciono i bambini…mi incuriosisce il loro modo di vedere e comprendere il mondo. E quando c’è qualcosa che non va, mi piacerebbe imparare ad esserci per loro.

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365strangers | Agosto 2015 26

Lui è Lorenzo. Lo noto mentre aspetto il mio turno rilassato e un po’ addormentato su una delle comode e scure poltroncine del barbiere che provo per la prima volta. Mi incuriosisce il coinvolgimento con cui vivo i saloni dei parrucchieri. Di sicuro il livello di coscienza diminuisce: mi perdo completamente in altri luoghi. Somiglia ad uno stato dissociato, e non riesco a dire di esserci per davvero. Mai. Lo guardo mentre inizia ad accorciarmi i capelli. Lo fa lentamente, con cura e concentrazione. L’impressione è che ci sia profondo rispetto e amore in quello cha sta facendo. E decido che oggi tocca a lui. Sei barbiere o parrucchiere? Preferisco essere chiamato barbiere. Che poi non lo considero un Lavoro: il Lavoro, per come ci hanno insegnato, è qualcosa di faticoso e logorante. Per me questo non ha nulla di tutto ciò. È un mestiere ed è quello che voglio fare. Anche se devo ancora finire di studiare. Al mattino indosso il camice da officina, al pomeriggio quello da barbiere. Ha 19 anni e studia all’ITIS. L’anno scorso ho incontrato questo mestiere incoraggiato da mio cugino. Da allora non ho più smesso e voglio migliorare. Come mio cugino. Lui è un maestro. Mi porta queste parole sostenute da orgoglio e speranza, mentre lo stesso cugino è di fianco a noi impegnato con un cliente a discutere di fantacalcio. Sono stato ad un corso di formazione. Ci hanno raccontato le origini di questo mestiere. Si pensa all’Impero Romano. E addirittura agli Egizi. Passione, freschezza, rispetto, amore, obiettivi, allegria, complicità, stimoli, gratificazione. In un’ora riassunti tra forbici e rasoi i principali aspetti di un lavoro salutare e motivante. O di un mestiere, come dice lui.

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365strangers | Agosto 2015 27

Lei è Eugenia. Siamo a spiaggia, la noto sdraiata sulla sabbia con altre 3 persone. Amici. Mentre scrivo mi rendo conto che alcuni mesi fa sarebbe stato più difficile avvicinarmi. Ripenso a Lorena e alla stazione di Savona. Oggi no. Mi avvicino sereno, è importante per me avere il suo sì e il gruppo non mi intimorisce. Accetta. Vive a Genova e studia Ingegneria Edile e Architettura. Non sono tanto per la costruzione ma per la ristrutturazione. Lì in mezzo alla spiaggia, in qualche modo restiamo sospesi, le domande generano risposte poco fertili per successive domande. Sento una sorta di blocco, più o meno tra la schiena e lo stomaco. O forse nella gola. Chissà se lo sentiva anche lei. Avrei potuto chiederglielo. E mi trovo a farle un’altra domanda, questa volta quella giusta. Ho viaggiato molto nella vita. I miei da piccola mi portavano con loro nei loro viaggi. Se dovessi esprimere un desiderio dopo l’Università vorrei partire: zaino in spalla, nessuna meta particolare. È la mia condizione naturale. Sono una scout. È la mia settimana degli scout.

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365strangers | Agosto 2015 28

Lui è Guredev. Conosce un po’ l’italiano e un po’ l’inglese, così l’incontro assume una modalità originale. Ci incontriamo nel ritmo lento di parole scandite ad una ad una e soprattutto in scambi di sguardi e gesti. Al di là del volto, della camminata molleggiata e dell’atmosfera che trasporta con sé mi colpiscono alcuni suoi oggetti. Indico il braccialetto d’acciaio senza apertura, e mi spiega che ce l’ha da quando era bambino: mi aiuterà nella vita a tenere distanti le cose nocive: alcol, tabacco, uova, carne di maiale. Indico il coltellino d’acciaio lucente che ha legato alla cintura. Devo usare in caso di difesa. Sono simboli religiosi, come il turbante e la barba. Non l’ho mai tagliata, e non lo farò mai. Crescerà naturalmente per sempre.  Lavora nel maneggio della stranger incontrata alcuni giorni prima, ha lasciato l’India 4 anni fa ed è alto poco meno di 2 metri. In India ci sono mia moglie e mio figlio. Un giorno mi raggiungeranno. Mentre me lo dice, sorride appena appena e da in piedi incrocia le gambe portando le braccia dietro la schiena. Mani congiunte. L’energia che emana è dolce e tenera, sembra dirmi: ecco: sono questo. Un po’ come fanno i bambini orgogliosi di fronte ad altri sguardi. Siamo sul non verbale, lo noto più di altre volte e mi viene voglia di provare a comprendere meglio l’effetto che quella posizione ha su di me. Così la faccio mia. Sa di timidezza, di protezione, di brio, ma anche di voglia di essere visti. Tutte cose mie, non le ho esplorate con lui.

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365strangers | Agosto 2015 29

Lui è Luca. È appoggiato ad un muro, sta aspettando un amico e accetta ancora prima che io riesca a raccontargli del progetto. Mi colpiscono i suoi grandi occhi azzurri e l’anello al naso. Ma anche il contrasto tra la sensazione che ho di lui appoggiato a quel muro e quella con cui me ne vado. Così forte da chiamarla trasformazione. Seriosa prima, amichevole e spassosa poi. Con mia sorella vorremmo aprire qualcosa insieme, vista la passione comune: ci piacciono le piante che fanno ridere. L’idea è quella di aprire un negozio specializzato per fumatori. Lavora alla Tirreno Power, ma è in cassa integrazione da 18 mesi. Me lo dice ed è l’unico momento in cui sorride un po’ di meno. Di meno però, con lui non ho mai smesso di sentire positività ed energia. Gli faccio notare che sarebbe un gran colpo se lo Stato legalizzasse, ma non mi sembra convinto. Mi risponde: ormai non mi fido più dello Stato. Con lui sento complicità e una sensazione gioiosa, che celebriamo con un fresco aperitivo. L’anno prossimo vengo con te a fare questo progetto…mi sembra di intuire che sia un ottimo modo per approcciare.

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365strangers | Agosto 2015 30

Lei è Simona. La noto a pranzo seduta al tavolo con la famiglia. È girata di schiena, cerco di guardarla meglio per capire se sia una donna matura o una giovane ragazza. Più tardi avrò la risposta. Mi colpisce il modo in cui indossa l’eleganza in pochi e semplici dettagli: camicetta bianca, una lunga e velata gonna blu, orecchini di perla. Pochi ma essenziali elementi. Ho in mente una parola: classe. La incontro di nuovo, alcune ore più tardi, in una via del paese mentre passeggia con una sua zia. La zia non accetta, lei sì. Studia giornalismo a Milano, la sua passione è la moda. Sento che è la mia strada. Con i miei avevamo concordato un anno di prova, io sono molto determinata. Così a settembre inizio il secondo anno. Siamo seduti sotto alcuni tigli e l’impressione è che sia lì, in quell’ombra, in contatto con quegli elementi della natura e con qualcos’altro di più sottile che ci incontriamo, sostenuti da un piacevole e fresco clima confidenziale. Poi una verde cavalletta le si posa sulla gonna blu. E ci resta lì, immobile. Lei reagisce con una lieve e buffa smorfia. Gliela sposto delicatamente chiedendole il permesso. E dopo poco ci salutiamo. Tutto naturale e spontaneo. Me ne vado con la risposta alla mia prima domanda: è entrambe le cose.

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365strangers | Agosto 2015 31

Lui è Francesco. Ha la classica divisa da boy scout, non mi sono mai confrontato con uno di loro direttamente, e decido di farlo. Stava accompagnando un ragazzo dalla guardia medica, si era appena rovesciato dell’acqua bollente su una gamba. Una volta usciti si avvicina e mi dice dai, ci hai aiutati e noi aiutiamo te. Rimango subito colpito dalla professionalità con cui mi racconta della vita nel campo, degli obiettivi, delle tappe e della struttura della comunità. Abbiamo ragazzini dai 12 ai 16 anni, e l’obiettivo principale credo sia quello di sostenerli nel vivere un’esperienza in autonomia. Vive a Genova, ha una laurea in Economia Marittima, nella vita si occupa del controllo qualità merci che vengono imbarcate sule navi. Ma me ne parla per pochi istanti, in un attimo finisce di nuovo agli scout, al fatto che il campo base in questo momento abbia 30 ragazzi, che tra i capi c’è la sua fidanzata. Non è semplice coniugare lavoro e quello che per noi è volontariato. Per fortuna abbiamo questa passione comune, e le ferie le passiamo così. Per noi è molto gratificante. L’impressione con lui è che le sfumature di questo impegno declinino davvero la sua vita. E mi colpisce la profonda passione con cui si racconta, calore che vedo riflesso anche negli occhi del ragazzino nel frattempo medicato dalla Guardia Medica del paese. Abbiamo uno sfondo cattolico. Gesù ci ha detto di stare insieme e trattare gli altri come fossimo noi stessi. Credo molto in questa cosa. E somiglia un po’ a quello che sta succedendo tra di noi. Tu hai aiutato noi, noi aiutiamo te.

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